Un recente rapporto di McKinsey, A Future That Works: Automation, Employment, and Productivity, traccia la situazione e prova a svolgere alcune ipotesi sui lavori del futuro (o meglio, su quelli che spariranno) e, più in generale, sugli effetti dell’automazione. Tutto questo è di fronte ai nostri occhi ormai da tempo: le casse automatiche nei supermercati, il bancomat e il remote banking, Amazon e l’e-commerce che cancellano commessi e agenti di commercio, Booking e i numerosi siti di viaggi e prenotazioni che cancellano le agenzie di viaggio, l’email che ha sostituito in gran parte il postino, i robot gli operai, le app che sostituiscono i telefonisti dei call center (che pure erano una realtà recente) e così via.
In effetti, dal rapporto emergerebbe che quasi la metà (il 49%) dei lavori svolti oggi nel mondo da persone potranno essere automatizzati. Rapportato all’Italia, questo significa che circa 11 milioni di persone, potrebbero essere sostituite da una macchina. E un tempo si riteneva che le macchine, i robot, avrebbero migliorato la qualità della nostra vita, concedendoci la possibilità di “godere” il nostro tempo libero e, in parte, è così. Però, insomma, forse non sempre, forse non per tutti. In ogni caso, siamo di fronte ad uno scenario inquietante, ancor più se aggiungiamo alcune considerazioni in merito all’avvento nel mercato di numerosi paesi del c.d. terzo mondo e della delocalizzazione di molte lavorazioni.
Ma il paradosso (ma forse non lo è) è che, in fondo, non ce ne stiamo occupando più tanto, anzi stiamo spingendo in questa direzione, anche in Italia. Le recenti misure governative in favore della cosiddetta “industria 4.0” vanno tutte in questa direzione. Ed i comparti dove maggiore è la dinamica del lavoro e nei quali le aziende meglio si sviluppano, sono proprio quelle dell’automazione, dalla meccanica all’ICT. Anche le associazioni di categoria spingono in questa direzione, i sindacati, invece, paiono non pervenuti, forse consapevoli di una funzione, la loro, che fatica a trovare una nuova collocazione in un contesto totalmente mutato rispetto a quello del secolo scorso.
In ogni caso, gli studi attuali (ma in parte sono già realtà), ci dicono che, oltre a quelli accennati in apertura, altri lavori potranno presto essere sostituiti da macchine e da app: l’assemblaggio (e in gran parte è già così), il data entry, le aziende agricole (dove l’automazione sta entrando in maniera significativa), gli hotel e le strutture ricettive, i fast food, le compagnie assicurative, ma anche le società di consulenza finanziaria (i robot sono in grado di operare quantità di transazioni incredibili). A tutto questo, nel settore turistico e ricettivo, ma anche in quello dei trasporti, numerosi sono i servizi innovativi che vengono forniti (Airbnb, Uber, ecc). Insomma, è un processo partito da tempo ma che sta ora registrando un’accelerazione significativa e, come la storia insegna, il futuro non si può arrestare, si può forse rallentare ma non di più (e se ne faranno una ragione anche i taxisti che protestano contro Uber: anche i venditori di enciclopedie porta a porta sono scomparsi, eppure si pensava che la cultura dovesse passare per forza da li).
E allora ecco che, a livello di sistema ma anche a livello personale, occorre attrezzarsi o, quanto meno, esserne consapevoli per non farsi trovare del tutto impreparati. Di certo, il futuro richiederà a tutti molta capacità di adattamento, studio, predisposizione al cambiamento, curiosità. Istruzione. Quella vera però, perché la competizione si svolge su un mercato mondiale e non avrà più senso “barare”.