Un recente articolo di MF Milano Finanza ha fatto il punto sull’andamento dello strumento Crowdfunding: nei primi 5 mesi del 2016, sono state finanziate 8 società rispetto alle 7 di tutto il 2015 e alle 4 del 2014. Poca cosa, vero, ma è un segnale che qualcosa si sta muovendo.
Il valore delle operazioni ammonta a poco più di 5,5 milioni di euro da inizio 2014, di cui 2,49 milioni soltanto nei primi 5 mesi del 2016.
Vero che sono ancora poche e autorizzate solo di recente le piattaforme operanti nel nostro paese, Tra queste Opstart, bergamasca, dinamica, giovane e che ha appena concluso una campagna interessante (http://www.opstart.it/).
Il numero totale di investitori nei primi 5 mesi del 2016 è stato di 256 unità (quasi pari a tutto il 2015, quando sono stati 263).
Tuttavia, affinché il settore possa dare un contributo significativo, è necessario semplificare e non ingessare le modalità di accesso a questo mercato. Del resto, le notizie che riguardano le 4 Banca Umbre o Toscane o le 2 Venete, dimostrano che le regole, a volte non servono.
Ecco che allora i regolamenti vanno snelliti e semplificati (viceversa, i controlli sulla veridicità delle comunicazioni di chi propone l’investimento, vanno rafforzati), anche nelle modalità di esecuzione (ad esempio consentendo l’uso della carta di credito). Poi l’accesso a questo mercato va esteso a tutte le idee di business, non solo a quelli che propongono innovazioni tecnologiche. Infatti, in motli paesi esteri, questo limite non esiste (viene facile pensare male: si vuole forse limitare questa opportunità a ragazzini e idee che le banche non sono in grado di capire? O peggio, si riservano a queste ed alle modalità istituzionali di accesso, i business importanti?). Oltre alla innovazione tecnologia, ci sarebbero molte iniziative, anche di piccole dimensioni, che potrebbero beneficiare dell’accesso a questa forma: birrifici, catene di bar, palestre, produttori di miele, organizzatori di eventi, immobili da costruire o da ristrutturare, sarti e stilisti, musicisti e gruppi musicali, artigianato locale, servizi turistici, ristoranti, servizi di vario genere, e chi più ne ha più ne metta. E’ il pubblico, l’investitore, che deve decidere chi premiare e dove investire. Ma da noi questo non è possibile. eccetera, eccetera… In Italia non possono.
In definitiva, il crowdfunding appare ancora come uno strumento esotico, attorno al quale sono stati fatti migliaia di articoli e di incontri, che evoca entusiasmi e speranze. Tuttavia, la strada è appena all’inizio e il libro è ancora tutto da scrivere.