La ripresa si sente in diversi settori, ma non in tutti e non per tutte le aziende. Accade quindi che la continuità aziendale venga ricercata in maniera indiretta, concedendo in affitto aziende o rami di azienda ad altre società. E’ una fattispecie tutt’altro che infrequente in questi ultimi anni e costituisce una prassi che, a volte, è stata voluta e sostenuta da più parti, al fine di garantire la prosecuzione delle attività, a tutela dei posti di lavoro dell’impresa in crisi e dell’indotto, così come per non disperdere patrimoni aziendali importanti.

Fin qui tutto bene. Tuttavia occorre fare attenzione affinché non si incorra in reati. A questo riguardo, una recente sentenza della Corte di Cassazione (9768/2018) stabilisce che il contratto di affitto d’azienda, stipulato poco prima di una sentenza di fallimento può integrare la fattispecie della bancarotta fraudolenta per distrazione dei beni. Cioè possa configurare uno stratagemma per sottrarre beni e valori ai creditori.

Quindi, da un lato l’affitto d’azienda (o di un ramo della stessa), risulta efficace al fine di trasferire la gestione in capo a un soggetto diverso, evitando che vi siano lunghe interruzioni nell’attività e che si disperda il valore dell’azienda (si pensi ai migliori dipendenti, che potrebbero allontanarsi, oppure ai clienti, che potrebbero rivolgersi ad altri, e così via); consente inoltre di porre un argine alle perdite della “vecchia” gestione o allo sperpero di risorse in attività o impegni “non core” (una gestione deficitaria potrebbe bruciare risorse, accrescendo il danno per i creditori), consentendo – ad esempio – l’accesso a procedure che permettano di evitare il fallimento assicurando nel contempo un risultato migliore per i creditori.

Ma se lo scopo dell’operazione è questo, ecco che il risultato non deve trasformarsi in un danno al patrimonio del debitore (e, di converso, alle ragioni dei creditori). L’affitto non deve quindi lasciare un’impresa dissestata e non deve essere un ostacolo alla valorizzazione del patrimonio del debitore, in danno ai creditori concorsuali. Ne consegue la possibilità, riconosciuta agli organi dell’eventuale conseguente procedura, di risolvere il contratto, reimmettendo il debitore, o la procedura stessa, nel possesso del complesso aziendale, ferme restando le eventuali conseguenze penali.

Ecco quindi che l’operazione, ove necessaria ed utile, va posta in essere con molta prudenza, assicurando che il contratto di affitto, e il relativo canone, siano adeguati e idonei al fine perseguito senza impoverire il cedente: vanno quindi fatte valutazioni oggettive e attuate pratiche sostenibili.

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