72 milioni di dollari investiti in Italia nelle startup negli ultimi sei mesi. Una bella sommetta, si direbbe.
Proprio una sommetta, se paragonata ai 2.400 milioni (o 2,4 miliardi se preferite) di dollari investiti nel Regno Unito in startup, nello stesso periodo di tempo. Insomma, in UK sono stati fatti investimenti in startup in misura 33 volte superiore a quanto fatto in Italia.

Quali le ragioni di questa differenza?

Sicuramente la Gran Bretagna è una delle piazze finanziarie principali nel mondo, un crocevia di movimenti di denaro, un luogo in cui l’industria del denaro ha uno dei propri quartier generali. Ma questo non nasce dal caso, vi sono anche molti altri fattori che spingono gli imprenditori e gli aspiranti tali a stabilirsi in UK anziché in altri paesi, come ad esempio l’Italia: una burocrazia snella, una efficienza maggiore, la facilità con cui si apre un’impresa, regole fiscali più semplici, e così via.

E questi aspetti (capitali, regole, imprese) si intrecciano e si alimentano vicendevolmente in un loop virtuoso. Si è vero, anche in Italia qualcosa di interessante è stato fatto (penso alla normativa sulle startup innovative), ma purtroppo – spiace dirlo – ancora all’italiana, ancora a macchia di leopardo, ancora con ampi spazi alle future scoperte di zone d’ombra. Ed ecco che ci sono startup che aprono e beneficiano delle agevolazioni, praticamente senza alcun tipo di controllo e altre che invece faticano ad essere riconosciute; startup che per avere la finanza devono comunque ricorrere al sistema bancario, che concede quel che concede esclusivamente perché beneficia della garanzia del Fondo (lo Stato, i contribuenti) salvo provvedere a fornire ampie ulteriori garanzie a copertura del 20% residuo; crowdfunding ancora ingessato allo stato embrionale; furbi di vario genere; e così via.

Ed ecco che allora torna la solita domanda: ma vale la pena restare caparbiamente ancorati in Italia oppure è meglio tornarci in vacanza e per salutare i parenti? Probabilmente entrambe le cose, ma facendo attenzione al fisco, sempre in agguato e sempre affamato.